Quando mai te l'aspetti, la distanza diventa un QUANTO.
La punta delle dita sulle quali contare non è mai veramente una punta mentre la mano è quella di un monco.
La Distanza, è quella che ti stupisce.
Ogni volta.
La Distanza è la misura precisa di come ti innamori e ti disamori delle cose delle persone delle situazioni della genericità.
Ma si, vediamoci e in fondo poco te ne fotte, oddio se poco te ne fotte. Dunque è arrivata la Distanza, quella che c'è sempre, prima nascosta, poi ambivalente alla fine ti prende per mano e ti allontana.
Da tutte le cose conosciute.
E allora si ricomincia.
Nuovo giro, altra corsa. Hai bisogno di novità. Di stimoli. Uno stupido ratto da laboratorio da cui ti distingui solo perché tu punti sempre più in alto.
Una fighissima strategia per sfuggire alla noia.
Puntare sempre più in alto.
Ecco il nuovo obiettivo.
E' lontano.
Ma lo voglio lo stesso.
Mi diverto così. Lo raggiungo, lo prendo, lo spremo, mi entusiasmo, mi freno, rallento, mi scosto, mi annoio, lo cancello.
Game over.
Si ricomincia.
Io divoro l'esistente e poi lo cago, con tempi diversi a seconda dei ritmi della digestione, a seconda della pesantezza degli Elementi o della loro vacuità, del loro splendore, del loro amore, delle loro risate e delle mie che ricerco da sempre, a giro, senza sosta, mentre giro senza sosta e giro senza sosta e giro senza sosta e giro e.
Chi micascisto nasce, micascisto torna. Ma lo so, non mi sconvolgo.
Io sono un mezzo cyborg o se più vi piace, un umano a tempo determinato.
E non mi va di fare la simpatica.
Oggi sono guastata dall'arrivo della Distanza; sono disturbata, perciò niente cazzate, non le tollero, in questa fase in verità non tollero nessuno. Questa è la fase della disaffezione, una lenta, scomoda, fastidiosa purga emotiva.
Un pò d'amaro mi rimane, ma non Averna, cioè, quello si, quello ci sta sempre bene; quest'altro invece, questo tipo d'amaro, l'amaro della Distanza, piace poco. Sa come di fallimento, non è la parola adatta, ma è la prima che mi è venuta in mente. Sa come di perdita di tempo, sa di rancido, di buffo, di nostalgico. Sa anche di nausea. Di vecchio, di stanco, di parole ma quelle finite, quelle che non ci sono più.
Fortunatamente io ho l'intelligenza e anche il fegato di non star lì a cercarle a forza le parole che non ci sono più. Ne prendo atto. Punto. Cosa dobbiamo fare? niente. Addio. E' colpa mia? no, è colpa tua? no. E' la distanza, è arrivata e ciccia.
I rapporti umani sono isole di sosta in cui il cervello si ricarbura per cambiare giro. Il problema è che a forza di cambiare giro finisci per ritrovarti milioni di morti splatterati sulla visiera del casco. Puntini spalmati di morte spalmata di fresco davanti ai tuoi occhi.
E il massimo è che, contati i cadaveri, ricominci, perchè non importa.
Ce n'è ancora Uno che risulta immune alla Distanza.
Fino a quando questo Uno chiamerà i punk a bestia: umanità distopica, posso stare tranquilla.
mercoledì 25 giugno 2008
SPLATTERATI E' UN NEOLOGISMO
Pubblicato da zero in-coscienza alle 23:56
Etichette: Farfallula docet