E' passato quasi un anno dall'ultimo post. C'era appena stato il terremoto in Emilia e ora che torno a scrivere c'è appena stato il terremoto in Ciociaria, perciò, lo so che nelle vostre semplici menti si sta per realizzare la banalissima idea che ormai scrivo solo quando la terra trema, ma non è così, uno perchè non sono Luchino Visconti anche se somiglio molto, due perchè le vicende umane personali e globali non devono necessariamente essere collegate tra loro secondo arcani processi di sincronicità junghiane, sempre che questo significhi qualcosa.
Allora, in un anno, avoja quante cose sono accadute.
C'è un nuovo Papa, si chiama Francesco e questa mattina si è svegliato presto. Balla il tango e va in chiesa col pulmino delle suore. Le suore qui di sotto, mie nemiche per la vita, si stanno dando un gran da fare, hanno fatto fare la revisione al furgone della Volkswagen e aspettano con trepidazione la telefonata del tour operator del vaticano, il Papatravel, sperando che prima o poi tocchi a loro scorrazzarlo in giro per la città.
Ci sono state le elezioni politiche e regionali.
Per le regionali nel Lazio ha vinto Zingaretti, uomo capace e anche prestante, tuttavia mi chiedo come riesca a stare contemporaneamente anche al teatro Eliseo tutte le sere fino al 23 Marzo.
Per le politiche una tragedia.
Bersani è riuscito a perdere anche questa volta, a non vincere, a vincere così così, a perdere un po' sì e un po' no, insomma, una chiavica.
Diciamo pure che finalmente il PD ha smesso di agonizzare, il processo di putrefazione ha avuto inizio, tra poco passeranno all'ossuario e arrivederci, parenti e amici non ne piangono la scomparsa.
C'è Grillo che è un comico urlatore abbastanza volgare e pure mezzo esaltato e in questa fase in cui non vuole parlare con nessuno, sembra uno di quei bambini grassi e sempre offesi che appena la mamma gli compra il pistolotto strafigo superaccessoriato, quelli che l'hanno sfottuto a sangue fino a due minuti prima, cercano di circuirlo, lo lusingano, lo leccano
- Dai cicciopalla, non sei grasso, era uno scherzo, hai solo le ossa grosse.
E lui, no, non gioco no, il pistolotto è mio, no, no, non gioco e no.
Perciò siamo in una situazione di instabilità cosmica, senza governo e senza senso, la gente continua a perdere il lavoro, le fabbriche chiudono, gli imprenditori si suicidano, gli operai si danno fuoco, Berlusconi è ancora tra noi, si fa venire le congiuntiviti finte per non presentarsi ai processi, mi immagino lo sconforto dei magistrati, una vita intera a cercare di inchiodarlo e lui niente, sguscia via come fosse un porco unto alla sagra del porco unto, chi afferra il porco nel recinto vince una forma di pecorino.
Poveri magistrati, disgraziati come Willy il cojote, quando sembra che stia lì lì per acciuffare quell'uccello demmerda, zac, lui scompare, una malattia cronica, una prescrizione, una legge ad personam, una presidenza del senato e speriamo di no.
E poi sono appena stata a Napoli.
Napulè wè wè.
Vedi Napoli e poi muori, sì, perché ti viene il colera, la peste bubbonica, la pellagra, la sifilide, lo sfogo di san Gennaro, l'epatite a, b, c, d fino alla z, lo scorbuto, l'esaurimento nervoso.
Una sozzeria che diosantoddiosantissimo non si può descrivere. Non i sacchetti della spazzatura che trasbordano dai cassonetti come ci fa vedere il tg3, ma proprio le strade, i marciapiedi, le vie del centro, una lordura impressionante, carte, cartacce, pacchetti di sigarette, bottiglie, lattine, fiumane di mozziconi, mozziconi vintage, cartapecore cumane, tappi di birra del pleistocene, scalpi, pappe vomitate, merde di cane, copiose merde di cane ad ogni angolo, ad ogni centimetro di sanpietrino, merde di cane in diretta, di gente che porta il mastino a passeggiare e te lo fa cagare accanto al tavolo del bar in cui tu stai mangiando una sfogliatella che a bene vedere e senza troppa immaginazione, richiama quel colorito beige tendente all'ocra anche un po' diarroico.
E poi i luoghi comuni, tutti. Genti diverse venute da est dei vicoli del centro storico, in quattro su scooter 50, mamma, padre, bambino e neonato, tutti obesi e tutti senza casco.
Il casco, ecco. Il casco no. Loro non lo portano proprio. Non fa per loro, dà fastidio, vige una giurisdizione a parte, se sei in più di uno sul motorino, ma soprattutto se sei un undicenne e viaggi in tre su una sella sconquassata con il terzo che sta sul portapacchi, alle quattro di notte di sabato sera, contromano prendendo apposta tutti i sensi unici, allora no, il casco proprio non ti serve.
Cosa ancora: ah, i cazzi con tanto di spruzzo che imbrattano le facciate dei più fantastici monumenti storici che il mondo possa contemplare. I luoghi di culto, chiese del trecento, del seicento, il magnifico barocco napoletano, il chiostro di santa Chiara, la chiesa del Gesù, il duomo, piazza del Plebiscito, il tutto abbellito da cazzi e fighe e scritte decerebrate del tipo Ciro e Concetta Rosaria si amano più cuore.
Sconvolgente, no? Difronte a questo scempio in prima istanza mi è venuto da pensare alla pena capitale. Poi ho brevemente riflettuto sulla questione del relativismo culturale e il degrado socio-ambientale storicamente determinato, poi però ha vinto la pena capitale.
Ma vi pare possibile? Può mai essere accettabile? Come se all'imprivviso il Colosseo venisse imbrattato da coatti protosapiens con bombolette azzurre e rosse e per il resto dell'umanità tutto ok, immagino il turista tedesco davanti al monastero di santa Chiara:
- Cosa essere kvesto? cuida lonley planet non dire
- Essere pfene cicantesko, cara.
- No possibile, no fero! In chiostro di Sancta Klara?
- Sì mein leben, in terzo mondo kvesto essere normale.
Insomma, lo sconcerto è tanto soprattutto perché Napoli è una delle più belle città d'Italia, mo' non ve lo devo dire io, no?
La cosa triste è che esisterebbero pure cittadini normali, cioè, ci sono, io li ho visti, gente che si aggira triste in cerca di un cassonetto e non lo trova, quelli che fanno slalom con i passeggini tra le merde, famiglie che cercano di non essere uccise dalle auto impallate al semaforo che ha una funzione puramente formale, cioè, il rosso non è prescrittivo, è più un avvertimento, un consiglio, poi vabbè, ognuno valuta a seconda delle proprie esigenze..
E' un posto pieno di contraddizioni, la frase è d'uopo e non manca mai in una seria analisi di tipo socio-antro-etnologico.
Tipo cenare. Tipo ristorante. Per esempio per mangiare sono finita in questo posto cercando su trip advisor, il quale avvisatore consigliava viavamente di reacrsi in una certa trattoria detta la figlia 'o Luciano.
Abbiamo sbagliato, coè siamo finiti a mangiare in un posto che sì, si chiamava la figlia 'o Luciano, ma era praticamente la versione scrausa e abusivamente tarocca del ristorante titolare, a centro metri dallo stesso, lordo da far paura che in realtà poi manco ristorante era ma cucina privata di questa signora chiattona che vedete in foto, con i fornelli alle spalle che cucina il polpo e gli spagnetti e le melanzane nonsocome, senza mai preoccuoarsi di cambiare padella, manco una sciacquata veloce sotto il rubinetto che a ben vedere forse manco c'era.
Questo lunghissimo post è dedicato a Amos Benevelli a cui l'avevo promesso e a Alan Piralla che batto sempre a ruzzle.
Vostra farfannuale