Ti do il mio silenzio e le chiacchiere inutili.
Ti do il mio tempo, la bocca, il fresco in terrazzo, le strade di Roma, le mie lacrime di sale.
Ti do il mio culo.
La pelle, gli anni migliori.
La mia disperazione, dispersione e salvezza, i peccati più dolci, il buco nella pancia, le ossa che sporgono, gli spigoli più amari.
Ti do la mia poesia, la mia follia, la mia testa che esplode, che divaga, parla e non pensa, pensa male parla male, gira al mattino.
Ti do la mia ansia.
Il terrore di marmo, il sorriso giallo, il mio raffreddore.
Ti do gli occhi e I loro angoli bassi, il loro colore, l’iride che cambia come cambia l’umore.
Ti do la mia fragilità.
Le parole al telefono, il catarrro nei polmoni, gli anni migliori. Gli anni peggiori.
L’adulto che non sono, il caldo tra le cosce, la mia figa I suoi sapori, i miei capelli di medusa e le serpi nella gola.
La mia noia, l’insofferenza, la sofferenza per I giorni che passano, per il tempo buttato ai porci, per le case, per le cose, per le facce che vorrei.
Ti do I miei passi, il mio genio, la mia presunzione, ti do tutti I libri che non ho scritto.
La giusta quantità delle vocali. La mia voce urlante e quella muta.
I miei amori, I miei umori, le persone che schifo, quelle che ho nel cuore, quelle che ho fatto piangere, quelle che ancora devo incontrare.
Ti do i miei incontri, la mia infanzia terribile, I miei se, la mia musica che si ripete, la mia schiumevolezza, la mia vita tra le righe.
Ti do il latino, free, il casco da giovane, gli aperitivi. Ti do Giufà.
Il cinema, le cene veloci e quelle studiate, la mia scrivania, la mia acidità, le mie braccia, il mio conto in rosso.
Ti do Gianfilippa e la sua merda verde, la sua faccia schiacciata e il suo pelo sul tappeto.
Le mie scarpe col tacco, le mie dipendenze, la mia malattia.
I mille bicchieri di vino, I fonzies, i tacos, le mie pillole, il mio fiato corto. La mia salute insana.
Ti do il mio freddo, il mio anello, le mie risate, il tabacco, le battute, la leggerezza, le Diana blu e le camel light, il sole, Maggio e la mia città.
E dimmi se è poco.
venerdì 19 settembre 2008
LA MIA DOTE
Pubblicato da zero in-coscienza alle 23:28
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