lunedì 7 dicembre 2009

I PONTI

Dice, che fai questo ponte?
Il concetto di ponte non so, non l'ho capito ancora se mi piace o mi sta sul culo.
Un ponte presuppone un ostacolo e una strategia per aggiralo o, in questo caso, passarci sopra. Prima non esistevano i ponti.
Prima prima, intendo. Ai tempi dei fiumi che si dovevano guadare e delle montagne che bisognava girarci attorno. Poi un giorno un ingegnere romano ha detto: toh, e se facessimo un budello lungo lungo tipo arco che noi siamo bravi a fare gli archi solo che lo facciamo sospeso e sotto c'è il fiume? E Fuksas ha risposto: ok, però lo disegno io e lo faccio a forma di cubo trasparente. Poi l'hanno preso a randellate sul capocollo e hanno cominciato a costruire ponti.
Insomma, il ponte lo fai e lo affronti con entusiasmo. Ciò implicitamente significa che sorvoli con superficiale euforia il fatto, increscioso, che fai un lavoro che ti disgusta e che la questione del ponte non risolverà mai i tuoi problemi. E non li allevia neppure. Perciò ecco che il ponte finisce e già il giorno prima, cioè oggi, il malumore ti attanaglia e la depressione ti scuote le viscere.

Dice, che fai questo ponte?
Ecco, ho tinteggiato lo stanzone. Un culo grosso grosso come una capanna a scrostare quella antica idiota intuizione di dipingere, qualche anno fa, un'intera parete di blu, blu mare, oceano, fondale oceanico, di notte, quando c'è la tempesta.
Quindi dài 200 mani di vernice bianca, 200 mani, mano, boh, non so se mano, mani sia un nome collettivo nel gergo carpentieristico, comunque sono state 200 chè il blu, meschino, dopo un'ora era sempre lì, riemergeva all'improvviso come un cazzo di maniaco squartatore in un film horror anni 80.
Tinteggiare comporta una riconsiderazione geopolitica totale degli spazi e delle strutture abitative, chi l'ha fatto lo sa, chi ci è passato può capirmi. Non è che sposti semplicemente le robe, le accatasti al centro della stanza, le incellophani cercando di limitare la puttanizia che schizza folle dai rulli tipo frullatore senza tappo, e poi le rimetti a posto, lì, esattamente e precisamente dov'erano e dove sono sempre state per tutta la vita, no. Troppo semplice.
Troppo semplice perché in quel momento ti viene in mente che la tua vita è arrivata a una svolta e quando si decide di svoltare si comincia dall'arredamento e prima, dalla cantina, nel mio caso dalla soffitta (più propriamente una botola scavata nel tetto da quel genio del padrone di casa).
Quindi butta via quintali di stronzate: barattoli, televisori degli anni 50, coperte incartapecorite, scarpe del nonno, foto ingiallite, quaderni, migliaia di quaderni della giovane farfallula scrittrice senza computer, sacchi e sacchi di robaccia, sacchi neri, quelli che ci avvolgi un cadavere e via, giù nel cassonetto, a un chilometro da casa tua che l'Ama ha fatto tagli al personale e col cazzo che passano più da via Pausania, accatasta i ferri vecchi nella yaris, che tu mica sei incivile, che abbandoni i televisori in strada, ci mancherebbe che il vicino da te tacciato più e più volte di buzzurraggine ti vedesse abbandonare un elettrodomestico nel cassonetto...che figure! allora cerchi i depositi per la raccolta di carcasse inutili e però non hai voglia di attraversare la città che sei con una tuta lercia di strati di fossili e babalotti e chiazze bianche di vernice NON LAVABILE. Allora rimandi e già sai che quelle robe te le trascinerai appresso per tutta la vita e diventeranno parte della famiglia tipo bambini e cane che porti in gita al lago la domenica mattina.
Poi ecco, mi sono fatta prendere la mano e mi sono liberata di un sacco di mobili che ora, a pensarci, vedendomi in questo stanzone in cui lo stereo rimbomba e c'è una sola sedia su cui sedersi e una sola scrivania su cui poggiare le innumerevoli cazzate da soprammobile, ecco, ora, a pensarci, forse mi sono fatta prendere mano, gambe e braccia. Certo, fa molto minimal, nel senso di minimal indispensabile, tipo, toglietemi tutto, pure la sedia e mi metto nella cuccia del gatto, io e il mio breil.
Gianfilippa poi è stanca. Ha passato tre giorni a fare la caccia al tesoro alle sue ciotole.

Dice, che hai fatto questo ponte?
A parte la parentesi manovale, ho visto "a serious man" e un reading a san Lorenzo in cui Flavio Soriga è apparso in via di mutazione genetica da sardo a coreano.

Ora vado, che forse un giretto all'Ikea, nonostante il minimal, ci sta tutto..

Farfacarpentiera.