sabato 28 agosto 2010

FENOMENO DI COSTUME

Ieri notte ero su Mtv e mi azzuppavo certi video pallosissimi di rapper americani, che io proprio l'hip hop non ce la faccio, mi fa stare male, a livello intestinale. Cmq a un certo punto, mandano il video di sti ragazzetti qua, come vedete sono coloratissimi, tipo emo, tio anni 80, tipo blu vertigo, tipo il tizio con i capelli blu di velvet goldmine ( il film) che poi ricordano anche il cantante dei green day e dei placebo oltre che un pò anche il divino David Bowie, tipo pop poppissimo, tipo Alberto Camerini rock n roll robot, praticamente sono una manicata di roba rimpastata a dovere da un buon discografico e le ragazzine impazziscono.
E ho pensato, madonna santissima. Ho pensato. Certo che la musica degli adolescenti è veramente una merda, ho pensato.
Poi ho controllato su wiki e ho scoperto che il tipo in questione, quello del gruppo pappadiroba ha 28 anni, due meno di me ( tre, va..) e alla faccia degli adolescenti.
E allora mi sono intristita.
Ecco.
farfacostumesocietà.

domenica 22 agosto 2010

LA PROVINCIA AVVILENTE

Passiamo tutta la vita a leggere idee grandiose, scrittori illustri, storie eccezionali.

Ci illudiamo di essere cresciuti.
Ci guardiamo indietro e pensiamo a come eravamo da piccoli, al liceo, in quel piccolo mostruoso posto di provincia e tiriamo un sospiro di sollievo perché abbiamo chiara la sensazione di essercela cavata.
Di avercela fatta a scappare, a salvarci.

E' chiaro a molti che non sono nata a Roma, ma in un piccolo paese inculato nella provincia remota al centro del Lazio, dove piove sempre e fa freddo e ci sono le montagne ma non troppo vicine da potersene almeno beare.

In cui le persone hanno teste concave e vuote o piene di cazzate.
Che poi è uguale.
In cui sei, esisti in relazione alla tua famiglia d'origine, il metro di misura è tuo padre e quel che fa, tua madre e quali circoli frequenta, tuo nonno, se da lui ha avuto inizio la tua fortuna. La tua casa, quante stanze ha, se ha la piscina, la donna delle pulizie, se è romena o figlia di ex contadini delle campagne, l'auto, quante ne hai, se c'è quella del papà, quella grossa e quella della mamma, quella più piccola, la city car, per fare la spesa e andare in chiesa e far visita alle amiche o andare dal parrucchiere tutte le settimane a farsi fare la tinta dello stesso colore di tutte le donne del posto e la messa in piega dello stesso verso di tutte le donne del posto.

Il primo giorno di scuola, al ginnasio, il professore di lettere ci mise a giro e a ognuno di noi, adolescenti puzzoni e intimoriti, chiese: che lavoro fa tuo padre? e tua madre?
E io, come tutti, risposi e non mi sembrò allora tanto strano come mi pare adesso. In fondo mio padre non è mai stato un mafioso né mia madre una zoccola, perciò non avevo niente di cui vergognarmi. Ero piccola e troppo poco incazzata ancora per poter dire a quell'uomo, insegnante di latino e di greco, ( per carità, gran brava persona e bravo insegnante): ma che cazzo di domanda è? ma che cazzo te ne fotte? e soprattutto: ma che cazzo c'entra questo con Cicerone e con Senofonte e vaffanculo, io mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

E in questo liceo c'erano figli di chirurghi e di cardiologi, figli di industriali ammanicati e pregiudicati, figli di notai, di banchieri, di, non so, robe così, da corporazioni delle arti e dei mestieri del XII secolo, e così è tutt'ora, e come nel medioevo quei figli liceali, ingessati a ricoprire un ruolo immobilista, avrebbero, con i loro studi futuri, tutelato le attività degli appartenenti ad una stessa casta professionale.
Via, sparati a prendere la laurea, col guinzaglio corto, recuperato non appena fosse giunto il momento, messi nell'aziendina di papà, nella clinica di papà, nello studio di papà, a vivere la vita che ha vissuto papà pronti a produrre figli che vivranno la stessa vita di tutti i loro padri, pronti a sposare la fidanzatina vergine del liceo, vestita sobria, la tendenza è il nero, con le sue scarpe griffate ma sobrie, le sue gonnelle da 500 euro che il mio sarto romeno te le fa uguali a 30, i capelli ben pettinati e scuri, che man mano che passano gli anni si accorciano e prendono quella piega oscena delle loro madri . E lo stesso colore tendente al castano chiaro, in alcuni casi biondo opaco ed è ovvio, perché il parrucchiere è lo stesso e anche lui rimarrà lì, come una colonna dorica, secula seculorum, tramandando ai figli e ai figli dei figli che avranno studiato moda e design a Milano, l'arte della messa in piega.
E i pargoli, con nomi strani, quei nomi che i provinciali danno ai nuovi nati o ai cani, perché pare figo, è un tratto distintivo, quasi a dire: io sto vivendo la vita di mio padre che è stata quella di mio nonno, ma mio figlio, cazzo, lui si chiama Falco o Iceberg o Lux!

E le mogli che si fanno il segno della croce a Natale nella cattedrale dove confessano peccati a metà e sfoggiano abiti comprati apposta, l'abito della festa e anche se tutto ciò fa molto sabato del villaggio, loro si sentono bene lo stesso, nutrendosi di pettegolezzi e malignità e di ipocrisia che fa sempre buona creanza.

E poi, corna a non finire.

Tutto questo per dire che le società chiuse sono il male del mondo, che l'Italia è un posto orribile in cui lo status quo si perpetua da sempre perché non esiste un'alternativa, in cui vincerà sempre la destra o se vogliamo, la destra di Berlusconi, e anche se la città ti dà l'impressione di avercela fatta, di poter respirare finalmente, anche se sembra toglierti di dosso la sensazione d'asfissia a cui la provincia ti ha costretto fino ai 18 anni, è pura illusione. Ottica, acustica, ideologica. E se davvero Bersani verrà a fare la sua campagna porta a porta, giuro che lo spetto a braccia aperte e con una mazza da baseball in mano.

sabato 21 agosto 2010

SONO TORNATA...SARO' IL VOSTRO INCUBO PER SEMPRE

mercoledì 11 agosto 2010

A VOLTE SI VIVE MALE

A volte si vive male per delle questioni mal poste o mal capite o mal messe o mal digerite o mal affrontate o mal gestite o mal governate o mal intenzionate o Mal, furia il cavallo del west che beve solo caffè..

lunedì 9 agosto 2010

IL POSACENERE DA TASCA

Allora eccoci a casa.
Avrete notato, carissimi amici, oh voi, gente normale, la novità della moderazione dei commenti.
Per un po' credo proprio che l'andazzo rimarrà questo, perciò abbiate pazienza.
Non c'è bisogno di spiegare altro, un po' perché voi, nella vostra sconfinata intelligenza, avrete già capito tutto, un po' perché queste parole sono troppe e l'argomento, veramente, non merita neanche uno sputo.
Che dire, sono nera come un tizzone. Le piante sono sopravvissute, il basilico sembra un albero di caucciù e domani si trasformerà in pesto.
Il gatto, questa sera lo recupero.
Caldo, non ne fa nemmeno più di tanto.
La città è semideserta, non si sentono più neppure i bambini delle suore, li avranno già bolliti o fatti al forno coll'alloro.
Mi è scoppiato il pollice verde, almeno nelle intenzioni.
Da che sono arrivate ste due piante tropicali, superato l'iniziale momento di diffidenza durante il quale ci tenevamo d'occhio vicendevolmente scambiandoci cordiali saluti, ma sempre a una certa distanza, ora ho deciso che diventerò un'esperta di vivai.
Ieri sera gli ho sparato endovena due siringhe di vitamine. Le nutro a fondi caffè e avanzi di cibo e a giudicare dalla sigaretta che mi chiedono dopo, sembrano soddisfatte.
Inoltre ho scoperto questo oggetto di culto che ogni uomo (e donna) sulla faccia della terra dovrebbe possedere, è un posacenere da tasca o da passeggio o da borsetta, mettetela come vi pare, risolve il problema della ciccaggio selvaggio e del mozzicone sverso in strada in spiaggia sullo scoglio ecc..
Certo si può vivere benissimo senza, anche senza un braccio si può vivere benissimo, ma che c'entra, con è meglio..

mercoledì 4 agosto 2010

HO VISTO COSE CHE VOI UMANI...

Che poi in Sicilia ogni due per tre dicono Gioia Mia.
Gioia Mia, hai visto che tempo?
Gioia Mia, mi passi il sale?
E' un intercalare.
Vorrei avere rapporti anali con un cefalo, Gioa Mia, che ne dici, Gioia Mia?
Gioia Mia, potrei seppellirti vivo dopo averti scuoiato e cosparso di sale, Gioa Mia...
Insomma, così.
Per ora sono a Levanzo, qui.
Quello che mi aspetta stasera sono quintalate di cous cous, cucinato alla santa maniera degli specialisti del cous cous.
Sora Nina ha iniziato alle sei del mattino immagino, fraccate di pesce dalle facce più buffe e disparate, invertebrati di vario tipo, corstaceetti che chi più ne ha più ne metta, brodaglia succulenta che solo a sentirne l'odore ti squagli e rimpiangi di non esserti reincarnato cane. ( per i meno perspicaci: cane=olfatto supersviluppato).
Ma non è tutto, anzi, non è niente.
Perchè poi il pezzo forte, trattandosi di cous cous al brodo di pesce con tanto pesce, è il cous cous.
E quello mica è finto. Mica che tu vai alla coop e compri la confezione rettangolare, anzi parallelepipedea, con dentro tutti i pallini già fatti leofilizzati che poi ci butti su un poco d'acqua calda e quello spam, si gonfia e mezz'ora dopo buon appetito.
No.
Ovviamente no.
Qua il cous cous si è fatto con tutti i crismi, dalla farina alla brace, per intenderci. Farina, spruzzate d'acqua, olio a profusione e rigirovagate di mani a mulinello che daje e daje, a forza di farsi pale, mettono su un tripudio di pallini gialli che tu poi li metti nella couscoussiera, li assetti su una pentola con dell'acqua, li lasci incicciottirsi al vapore e dopo sei o sette ore, li tiri via, li 'mbriachi di brodo di pesce, li rimescoli vigorosamente, li copri con sette strati di coperte invernali misto lana e li lasci lì.
Per ora sono a questo punto.
Il bambino è in fasce. Dicono che si deve gonfiare e in fondo è una bella speranza, tu fai un bambino verso cui nutri grosse aspettative, lo metti sotto una coltre pesantissima di lana merinos e lui, invece di soffocare, diventa buonissimo.
Niente di più facile.
In tutto ciò il mio contributo è consistito nello sventramento, nonchè scuoiamento di milleecinquecento totani, ripieni di merda e ossi di seppia di totano, sfilettamento degli stessi, decapitazione inclusa ( se di testa si può parlare considerando quella faccia brutta da totano che ti guarda e ha i tentacoli al posto dei baffi e gli occhi appena sopra e una bocca che non si capisce se da lì ci mangia o ci caga).
Cmq.
Quelli andranno fritti, a forma di anellini, che dovete sapere, voi, tristi, verdi e emaciati cittadini, che quando mangiate gli anellini fritti nella frittura mista, quelli non sono esattamente pesci a rondelle che nuotando a ciambella finiscono per sbaglio dritti dritti nel retino dei pescatori. No, quelli sono siluri lunghi 10, 20 cm, della consistenza di un preservativo ripieno e, per ciò stesso, usato.
Poi c'è vino a profusione e gente che chi la conosce e di tutte le età, dal pargolo che si caga addosso alla cartapecora ingiallita e si sta bene ed è, sorprendentemente, tutto molto piacevole.
In città si vive per compartimenti stagni. I vecchi con i vecchi nelle loro gabbie per vecchi che poi sono i bocciodromi. I bambini con i bambini nelle loro gabbie per bambini, che poi sono gli oratori o i centri estivi e se non è estate, le scuole. Gli adolescenti con gli adolescenti nelle loro gabbie psicotrope da adolescenti, che poi sono vicoli imboscati in cui farsi di crak. I 30 enni nelle loro gabbie da 30enni, che poi sono i locali radical chic e le associazioni culturali e i reading di narrativa giòvane, in cui bere vermentino e pecorino parlando del PD e cioè del nulla. I 40enni nelle loro gabbie da 40enni, che poi sono le famiglie che anno appena costituito, a barcamenarsi con figli di due tre quattro anni e non sapere che pesci pigliare. I 5oenni eccetera eccetera, ci siamo capiti.
Invece qua, si sta tutti mischiati. Un nonno, che magari manco nonno è mai stato, mi può dire cose interessanti e anche se a volte mi distraggono le assurde pieghe di un collo longevo e la grinzosità della pelle che più che cadente è rasoterra, poi insomma, il filo lo tengo e manco male è.
Capirsi a quest'ora non è facile, lo so.
Sto bevendo un'orrenda moretti e sembra avermi sversato più del pensabile.
Tant'è.
Io scrivo a ruota libera, chi vuol esserNE lieto, sia, di doman non v'è certezza, il governo reggerà? chi vivrà vedrà...

Vostra farfagioiamia