sabato 18 settembre 2010

IL POST(O) DELLE OCCHIAIE

Questa mattina ho certe occhiaie che neanche la fossa oceanica.
Sembrano buchi neri dentro cui tutto finisce e infatti non trovo più niente e mi innervosisco e poi il gatto si è fatto le unghie sul divano nuovo e lui però, bastardo, è sempre qui e per farlo sparire non bastano i buchi neri. Dovresti lanciargli una crocchetta dal balcone forse, anche se poi non è nemmeno sicuro che ci vada appresso, è probabile, ma non è sicuro.
Questa mattina mi rode il culo perché questa città è un quartiere nel quartiere e quando soffro d'asma e non respiro bene mi sento particolarmente asfittica e questa dimensione paesana da sabato del villaggio peggiora la situazione e mi rende cianotica e odio quelle facce, le facce di sempre che ti salutano e ti fermano e ti chiacchierano mentre vorrei rotolarmi nell'anonimato, essere sola, nascosta tra gli altri, invisibile, vorrei scomparire continuando a stare in mezzo al mondo che non si cura di me mentre io non mi curo di lui.
Mentre io non mi curo di lui.
E poi questa mattina piove e c'è una cappa che mi preme sul cervello e mi fa pulsare le occhiaie che si espandono e espandono mangiando ettari di superficie epidermica e mi arrivano ormai giù fino al mento perché le guance se le sono già mangiate e così pure il naso e le labbra e anche se urlo nessuno può sentirmi perché non ho più voce ma solo enormi fosse grigie e tumefatte a dire di me cose che non sono vere, a dire che ieri notte ho fatto l'alba e ho straviziato con per tra fra tutto e di più, falso, perché in realtà ho solo visto un film mediocre e fatto due chiacchiere in piazza a san Lorenzo.
E in questa mattina di pesantezza cosmica che mi schiaccia le tempie e mi attappa le narici e mi ottura i pori e mi fa spruzzare ventolìn per ravviare i polmoni come si fa con una vecchia auto sfatta dal chilometraggio di anni e anni e anni di vecchie glorie.
E in questa mattina di pesantezze cosmiche penso al cinismo e al fatto che , si, il cinismo aiuta. E penso alla razionalità e al fatto che si, la razionalità aiuta. E all'ironia e al fatto che, si, anche l'ironia aiuta, disumanizza, alleggerisce, sdrammatizza. Sdrammatizza le brutture della vita e alleggerisce il carico di sensibilità verso le cose che ci sembrano atroci e disumanizza perché ti porta a scherzare con tutto e anche se sembra funzionare, non sempre funziona.
A volte fallisce e allora inizio a ridere, di una risata isterica che ridere è sempre meglio che piangere. Non si può piangere a lavoro, non è professionale, ridere si, ridere fa di te una persona gioviale, anche se non c'è un cazzo da ridere, anche se quel riso è un grumo di vomito che ti risale come una morsa dalla bocca dello stomaco e si ferma in gola, dove diventa riso, e ridi, ridi, evviva Aristotele, che sempre sia lodato Aristotele, perché il riso è vero che ha la forza di renderti invulnerabile, di fare di te una corazza e di avvolgere il mondo con un manto sublime di superiorità morale; io sono buona e giusta. Io non sbaglio mai, io sbaglio poco. Io sono arrogante e la mia presunzione è un'arma, io ho paura di fare cazzate ma non ne farò perché sono presuntuosa e arrogante e buona e giusta e ideologicamente pura e libera e tutto quel che tocco deve trasformarsi in oro. Perché continuerò a ridere, anche se ho a che fare con una buccia d'essere umano tutto il tempo e mi inventerò il mondo perché quell'essere sia un po' meno buccia e farò i salti mortali perché sia un po' meno buccia, perché io rido e le lacrime le lascio alle madonne.