domenica 27 giugno 2010

LE CONSEGUENZE DELL'AMORE

Voglio parlare delle vigilie.
Quando non sai cosa fare, quando devi ingannare il tempo di un'attesa e non hai voglia di niente, non di leggere di uscire, di parlare, mangiare, chiamare, ascoltare, guardare, pensare, immaginare.
L'unica è scrivere e ovviamente, fumare.
E io fumo.
E io scrivo.
E io potrei piangere e gridare oppure ridere, ma mi faccio un caffè e così, con Pippa alla mia destra che si siede sulla tastiera +++++++++++++++++++++++666666666666655555555555555222222222222
ricomincio a scrivere.
Sul fascino della vigilia.
Ecco, vorrei parlare del fascino della vigilia.
Dell'adrenalina, della pressione alla bocca dello stomaco, del fiato corto per l'asma e tutto il resto, dei flash di momenti presi a caso dall'immaginario del giorno che aspetti.
Del giorno che aspetti, che chissà perché poi lo aspetti, tanto arrivare arriva. Non c'è pericolo neanche che faccia un po' di ritardo, quello, arrivare arriva.
E l'arte della dietrologia che ti fa strizzare il fegato e la riflessione sulle cose profonde, sulle conseguenze delle proprie azioni, sulle conseguenze dell'aver detto si invece che aspetta, pensiamoci, prendiamoci un'altra birra.
Di come vorrei essere sola per tutto il tempo che mi separa da domani. E andare al cinema, da sola. E a pranzo, da sola e poi al parco, da sola, a leggere Saramago e poi a correre per 10 Km che non serve a niente ma fa sudare e sudare è bene.
E invece il mondo ti vuole, ti chiama, ti chiede come va, come stai, sei pronta? sei prona? sei a posto? hai finito tutto? come ti senti? ti senti? Allora, a che ora? e dove? e quanto dura? e come? e come mi devo vestire? e poi che succede? e perché? e chi c'è? Posso venire? e mia zia? E il mio cane? E il cane di Lino?
Non pensavo esistessero cani di lino, al massimo di peluche.
Intanto la musica tace mentre aspetto fiori da mettere in frigo. Si, vanno in frigo, conservati a basse temperature, poi magari ci si fa un sugo, penso. Un sugo di petali e pancetta.
E in effetti sono arrivati, ma non quelli, altri, una pianta, enorme, a me le piante non piacciono, le invidio, è una condizione a cui aspiro da sempre, ma è più difficile di quanto si creda starsene con i piedi dentro un vaso e nutrirsi di sola acqua.
In testa solo l'attesa.
Attesa di gente che non arriva e che farebbe meglio a non venire, chè io voglio star sola, 24 ore di solitudine estrema, stare nuda con la pancia contro le mattonelle, fumare all'ombra dell'enorme nuova pianta, spargere cereali di riso integrale per casa come fossero coriandoli, rotolarmi sul letto, avvolgermi tre lenzuola colorate di cotone all'80%, a mo' di involtino primavera, giocare a palla con Pippa, sputare lontanissimo fino al cortile delle suore sperando di cogliere in un occhio la suora operaia.
Guardare un film pesantissimo e ingozzarmi di schifezze. Bere l'odiata coca cola e abbandonarsi al rutto libero.
Pensare a una parola, la prima che mi viene in mente e cercarla in 4 libri presi a caso dalla libreria.
E' un gioco noioso, da secchiona, ma a me piace, mi rilassa.
E andare da Apu e ordinare un chilo di pizzette e poi chiedergli se in Pakistan nei forni di notte ce li trovi gli italiani a impastare cornetti orientali.
E poi far finta di bestemmiare che tanto io non ci riesco e poi spegnere la luce e poi domani.
E pensare che le conseguenze dell'amore alla fine, tutto sommato, è un gran bel film.