giovedì 28 gennaio 2010

CATARRO DI CAMMELLO

Il catarro è davvero una questione incresciosa.
Ti fa avere quella tosse grassa, che i medici e i farmacisti e tutti chiamano così, grassa, che già di per sé, al solo suono della parola, ti fa venire il voltastomaco, in più ce l'hai proprio tu, quella tosse, grassa, è dentro di te e spurga dalla tua bocca senza che niente glielo possa impedire, facendoti rivoltare le budella, strabuzzare gli occhi, atrofizzare le gambe e non è escluso che da repulsione di tosse grassa, si possa anche morire.
E poi non si può star tranquilli un minuto.
La gente ti repelle, per non dire che ti schifa proprio. Del resto anch'io repello le altrui tossi grasse, me ne guardo bene dall'avvicinarmi a qualcuno affetto da tosse grassa, è nemico dell'umanità e portatore sano di sbobba verdognola di cui è ripieno fino all'orlo come un cazzo di cannolo avariato.
Brrr!
Così capita che nel bel mezzo di una conversazione inizi con il classico ..., quel suono lì, quello della tosse, ora l' onomatopea precisa non mi viene ( tipo ukfù, può essere?), e cmq ci siamo capiti, ne fai uno due, cento e poi plop, ti risale un'incredibile quantità di muco dai bronchi marci e puh, in pratica, scatarri in faccia al tuo ripugnato interlocutore.
La tosse è il più antisociale dei mali.
Altra faccenda aberrante della tosse grassa è lo gnocchio grumoso, gelatinoso nel complesso, arricchito di simpatici filamenti più croccanti qua e là, fantastico per una speciale prima colazione ai 5 cereali di espettorato, che dopo aver tossito ti ritrovi a dover gestire richiamando a te tutte le forze rimaste abili a non farti svenire.
Si, si, proprio quella, la pappa molliccia e tendinosa che or ora ti è zompata in gola, di cui non sai che fare e perciò rimani lì, per qualche eterno terrificante istante, bloccato e inorridito dallo stesso disgusto che provi per te stesso.
Il solo pensiero di liberartene sputando come una fanciulla senegalese ai giardini di piazza Vittorio ti fa sboccare mentre l'unica sconvolgente alternativa è quella di ricacciartelo in gola e sentirlo scivolare viscido lungo le pareti spugnose dello stomaco che davanti a quell'immagine prodotta dal sistema nervoso centrale si paralizza, diventa un tagadà degli anni 80 e ti fa ribaltare in strada tutto quello che hai ingerito dal 1998 a quel momento.
Avrete capito che mi trovo ahimè in questa costernante situazione.
Di produrre scatarro di cammello a iosa di iose al cubo, non potendo fumare né respirare come umana persona, coltivando in seno la convinzione di avere un gatto randagio incastrato nell'esofago, gatto randagio e affetto da cimurro, che non mangia da 35 giorni e non si fa la manicure dal '78.
In più, a vole r essere proprio sinceri, questa tosse grassa detta anche centrale del latte delle mucose, rende come dire, l'alito una 'nticchia pesante, da carogna di ratto rivoltato nello fogne di Bombay, per intenderci;
da mozzarella di bufala putrescente la cui produzione è affidata a prospere pantegane da latte;
da cadavere di piccione sulla Flaminia, prima che diventi un tutt'uno con l'asfalto.
Insomma, ci siamo capiti.

E nessuno vuol più baciarmi.

Sempre vostra

Sfarfatarra...